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LE CALDAIE DEL DIAVOLO

Nei tempi antichi- quando ancora i santi operavano prodigi e il diavolo andava

pel mondo a giocar tiri birboni alla povera umanità- sorgeva nel letto del Devero,

sotto Croveo, un mulino che, distrutto e riedificato più volte, si vede tutt'ora sulla

destra riva del fiume, presso le Caldaie. Ne era proprietario in vecchio ubriacone e

attaccabrighe, il quale di buono non aveva che una figlia,Lucia, amata da tutti,

quanto il padre era cattivo e detestato.Essendo il vecchio Domenico l'unico

mugnaio per tutto il paese circostante, i contadini dovevano, sebbene

a malincuore, portare a lui il grano da macinare: cosicchè egli aveva sempre

molto lavoro, il cui frutto però spendeva quasi tutto nelle osterie, in compagnia

di cattivi soggetti del suo stampo: e quando rincasava erano alterechi e persino

busse per la povera fanciulla.

Ora avvenne che un bel dì un giovane forestiere giunse a stabilirsi a Croveo,

per impiantare per lui un mulino:e per usufruire della forza del Devero,

prese stanza quasi in faccia a Domenico, sull'opposta sponda del fiume. Non è da dirsi quanto il vecchio fremesse d'ira contro l'importuno competitore, tanto più che la gente prese suito a forvorire il nuovo venuto, perchè più robusto e operoso, attendeva meglio alla loro bisogna;e poi anche per farla in barba al vecchio prepotente, da cui aveano sino allora dovuto dipendere.

ma ben diversi e più teneri sentimenti risvegliò nel cuore di Lucia la presenza di Michele, il giovane mugnaio, il quale pure corrispose ben presto al suo affetto, e segretamente si amarono e giurarono di essere per sempre felici insieme. ma per far questo occorreva il consenso paterno,cosa quasi impossibile da ottenere.

Lucia però, forte del coraggio che le infondeva l'amore, tentò l'ardua impresa. Disgraziata!appena ebbe arrischiate le prime parole, si ebbe in risposta dall'inferocito genitore una sfuriata d'improveri e bestemmie, di pugni e calci, e finalmente fu cacciata di casa come una figlia maleducata.

La povera derelitta,acciecata dal dolore e dalla passione, corse a cercare rifugio in quella casa ove non doveva entrare che sposa: michele l'accolse con trasporto, e da quel giorno vissero insieme, sperando che il vecchio venisse poi a più mite consiglio e desse il suo consentimento, per suggellare dinnanzi all'altare la loro unione. Ma invece Domenico, sempre più esecerbato contro i due amanti, accomunandoli nel medesimo odio mortale, meditava la vendetta; ma fino allora non ne aveva trovato una che gli sembrasse abbastanza crudele; e si arrabattava il cervello cercando sempre.

Una notte che non poteva chiudere occhio, con quell'idea fissa nella testa, sentendosi quasi soffocare tra le anguste pareti della sua cameretta, si alzò dal letto e uscì a respirare la fresca aria notturna. A pochi passi da lui vide seduto uno sconosciuto, che lo guardava con occhi luccicanti come bragia nell'oscurità: stava per ritirarsi, intimorito dalla presenza dello straniero, quando questi si alzò, gli venne incontro e così gli parlò:

- Non temere, o Domenico , sebbene tu non mi abbia mai veduto, io sono tuo amico, e vengo per aiutarti.

- Io non vi conosco, rispose meravigliato il mugnaio.

-T'inganni, tu mi conosci bene e mi sei molto amico.

-Chi siete dunque?

_Sono il Diavolo! soggiunse l'altro, e diede uno scroscio di riso stridulo e sinistro che fece tremare Domenico dal Capo alle piante.

-Si, continuò, sono il Diavolo tuo buon amico, e vengo per aiutarti nella vendetta che da lungo tempo tu stai meditando.

-Oh! Se solo tu dicessi il vero, ti darei volentieri anche l'anima, pur di vendicarmi di quegli infami.

-La tua anima vale ben poco, del resto sono certo di averla alla tua morte: ma non domando nulla da te, voglio prestar l'opera mia disinteressata, solo per il bene che ti porto.

-Dimmi dunque come potrai aiutarmi.

-Confida in me, e sarai vendicato quando brami.

-Vorrei che fosse in questa notte stessa, in questo medesimo istante!

-Ebbene; giacchè lo vuoi, si compia il fato: tua figlia e  il suo amante moriranno fra pochi momenti: e così avrò guadagnato due anime di più, perchè essendo essi in peccato mortale, andranno dritti dritti all'inferno.

Ciò detto scomparve.

Domenico, trasecolato, rimase a lungo immobile allo stesso posto, finchè la campana del villaggio scosse co' suoi lenti rintocchi; suonava mezzanotte, l'ora delle streghe e della morte. Un brivido gli corse per le ossa, e la voce dei sacri bronzi si ripercosse come rampogna nel suo petto, e risvegliò un vivo rimorso per la vendetta orrenda che stava per compiersi contro colei ch'era pur sua figlia. Allora corse tutto affannoso dal Vecchio romita che abitava in una piccola grotta( che ancora adesso esiste) scavata nella roccia, poco soprai il fiume. Il Santo vecchio udì con raccapriccio la narrazione dell'accaduto ed esortò il pentito mugnaio alla penitenza ed al perdono. Non avea appena terminato di parlare, che un sinistro bagliore apparve all'alto della montagna dominante il villaggio. Allora il solitario si gettò ginocchioni, colle braccia protese, orando fervorosamente per impetrare la protezione celeste: e frattanto il mugnaio, impietrito di terrore, assisteva alla diabolica scena che si svolgeva fra quei dirupi.

Rischiarato da fiamme infernali, il diavolo era apparso sulla vetta, in tutta la sua orridezza.

Dopo avere contratto il viso ad un sogghigno di gioia dette un gran pugno sulla roccia che si spezzò come fragile vetro: prese uno di quei frammenti, grande come una casa, lo sollevò quale fruscello e lo fece rotolare in basso, chinandosi poi sull'abisso a guardare.Il masso rimbalzando di roccia in roccia con fragore di tuono che fece tremare la terra, precipitò giù, minacciando di ruina il mulino di Michele: ma quando gli fu quasi addosso e stava per schiacciarlo, insieme coi suoi abitatori, si arrestò d'improvviso e giacque immobile a pochi passi. Il demonio allora afferrò un altro sasso più grande, lo lanciò con tutta la sua forza nell spazio: questa volta il macigno d'un sobbalzo giunse a valle, ma quando fu presso il mulino lo sorvolò, lasciandolo incolume e andò a inficcarsi profondamente nel suolo, poco lungi. Allora il diavolo, digrignando i denti per rabbia, e profferendo orribili bestemmie, gettò un altro masso, e poi altri ancora, ma tutti rispettarono miracolosamente la casetta dei due amanti che, pallidi ed esterrefatti, correvano da un canto all'altro, dando pazza grida, senza osar uscire, per non rimanere stritolati.

Dopo ripetuti e vani tentativi, il diavolo, sfinito da sì lunghi sforzi, consumando dentro di sé il furore impotente, dovette finalmente rinunciare alla sua impresa e alla lotta contro il Cielo; e tornossene all'Inferno vonto e scornato.

Tutti gli abitanti del paese spaventati dal terribile fracasso, quando il pericolo fù cessato e spuntò l'alba, corsero dal Romita dove trovarono il vecchio mugnaio, ravveduto e pentito, ancora mezzo morto per lo spavento. Vi accorsero pure Michele e Lucia, la quale, quando vide il padre, gli si gettò ai piedi ed egli la rialzò, abbracciandola e perdonò ad entrambi: e podo dopo si celebrarono le nozze, e tutti e tre condussero giorni felici nella maggiore armonia.

Finché visse il vecchio Eremita tutto andò bene, e più nessu pauroso avvenimento conturbò la quiete del paese: ma appena, carico d'anni e in onore di santità, egli venne a morire, il diavolo decise di prendere la rivincita dello scacco avuto. La notte stessa del dì in cui fu sepolto il vegliardo, più non temendo l'effetto delle sue preci, volle mettere ad esecuzione il suo disegno, semplice, ma di esito sicuro. Si trattava di accumulare macigni, da lui sì infruttuosamente precipitati al piano, nel letto dello stesso Devero, per ostruirne il corso, in modo che l'acqua, elevandosi in poco tempo, invadesse i punti circostanti e ne annegasse gli abitanti dei due mulini, che sorpresi dal sonno non avrebbero potuto fuggire in tempo. Prese dunque due massi enormi, li trascinò alla riva del fiume e li sollevò in alto per precipitarveli in mezzo; ma per lo sforzo e nella fretta scivolò nell'umido terreno e cadde nell'acqua con si mala sorte, che i duem massi, cozzando l'un contro l'altro, ne afferrarono in mezzo la coda. Per ira e dolore il demonio mandò acutissime grida, che rintoccarono per valli e monti, come ululato di mille lupi presi al laccio. Cercò più volte invano di svicolarsi dalla terribile stretta; finalmente, in un parossismo di spasimo e di furore, diede tale uno strappo, che un pezzo di coda rimase tra le rocce e  lui andò a gambe levate, battendo dal capo sopra uno dei massi, dove produsse una lunga spaccatura.

Per la seconda volta dovette darsi per vinto dinanzi a quella potenza occulta, più forte di lui, e tutto sanguinoso e cosparso di fango, si sprofondò nelle viscere della terra.

I due massi, bizzarramente accostati pel vertice l'un contro l'altro, giacciono fin d'allora in quella posizione e formano un ciclopico arco, sotto cui il torrente Devero, bianco di schiuma, si precipita in rumoreggiante cascata nel profondo vortice, che il volgo battezzò con il nome di Caldaie del Diavolo.

Quando il mugnaio e i suoi figli si avvidero del pericolo cui erano sfuggiti, resero grazie al santo Eremita che, ancor dopo morto, li avea salvati:e per scongiurare ogni ulteriore tentativo dello spirito malefico che li perseguitava, fecero dal parroco spruzzare d'acqua benedetta gran tratto di paese intorno. E d'allora in poi messer Satanasso più non comparve in Croveo.

Poco tempo dopo lo strano avvenimento scoppiò quella terribile pestilenza che distrusse quasi per interno Domodossola e spopolò tanti paesini della vallata, e fu a portare desolazione elaa morte in tutta la Lombardia e in altre regioni d'Italia.Gli storici attribuirono la tremenda epidemia all'invasione delle soldatesche spagnole e dai Lanzichenecchi, che sparsero dovunque sul loro passaggio i germi del contagio. Nulla di più falso che tale asserto! La vera e unica causa ne fu la coda del Diavolo rimasta impigliata fra i due massi.Quando quello schifoso brano di carne cominciò a putrefarsi, nè più né meno che fosse stato d'una bestiaccia qualunque, un fetore insopportabile, ammorbò l'atmosfera e ne rimase infetta l'acqua del Devero, che andò a portare il pestifero veleno lungo tutto il territorio bagnato da detto fiume, dal Toce, dal Ticino e dal Po, dove quelli si riversano.Per molto tempo il mortale flagello continuò a mietere migliaia di vittime e solo ebbe termine dopo cessando di stillare nel fiume l'ultima goccia di putredine infernale, le acque non riacquistarono la primitiva purezza e trasparenza.

Il Diavolo potè essere pienamente soddisfatto e darsi per risarcito a esuberanza per la perdita di quel pezzettino di coda, se fu dessa causa di tanta strage e tanto lutto per l'umanaspecie da lui si mortalmente odiata.

Era proprio il caso di dire che il Diavolo ci avea messo la coda.

 

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